LA RIVALE DI VENEZIA 7 combinazione dell’arco tondo romanico con le fiorite snellezze dello stile ogivale? E potrebbe non chiamarsi Ducale questo Palazzo che grava sopra un robusto portico dalle volte a crociera e dai capitelli delicatamente scolpiti, oltre il quale vi invita, in una corte a due ordini di loggie, una scala esterna, tutta bianca e leggiadra di marmi? Ovunque volgiate il passo e lo sguardo per interrogare questi vetusti muri testimoni di tanta storia, essi vi rispondono una parola sola: — Italia. — Ecco l’insigne architettura palladiana di Palazzo Bizzarro; ecco il sontuoso barocco romano del Duomo e di San Biagio, anch’essi, come la maggior parte degli edifici di Ragusa, costruiti di quel travertino che raddoppia la somiglianza e il ricordo; ecco, dentro il Duomo, le tele del Pordenone, di Palma il Vecchio e di Andrea del Sarto, e, in San Domenico, la Maddalena di Tiziano; ecco, in San Domenico pure, il chiostro portentoso, ove ogni arcata raccoglie sotto due occhi a traforo tre archetti trilobati d’una vaghezza che vi rammenta Orsanmichele. Ecco in San Francesco, che dicono fondato dal Poverello medesimo durante un suo pellegrinaggio, una leggenda nostra; e, nella statua del guerriero in arme che i Ragusei hanno battezzato il paladino Orlando, la nostra tradizione letteraria; e, nel castello, là, di Valdinoce ove riparò Pier Sode-rini fuggiasco, ancora un riflesso della nostra storia; e in almeno tre dei maggiori nomi ragusei, Giorgio Baglivi, Ruggero Boscovich, Federico Seismit-Doda, altrettanti echi di gloria o di notorietà italiana. Non è dunque Italia questa che, nello stesso riso di cielo e di mare, riproduce con perfetta precisione il sembiante amato della patria?