DUE ANNI DI OCCUPAZIONE IN DALMAZIA IO3 gnava offrir loro qualche cosa : fu offerto loro l’Adriatico ancora totalmente veneto. Primo sacrifìcio fatto ai nuovi servi-padroni della Monarchia fu quello della Dalmazia. Fino allora la Dalmazia, non ancora mutilata nella sua anima italiana, aveva diviso ansie e speranze con la sua madre Venezia. Erano vicini i tempi in cui i Dalmati perennemente ligi a San Marco accorrevano, con Federico Seismit-Doda alla testa, a difenderne la risorta repubblica dal terribile assedio; in cui un Pasini, restaurando il duomo meraviglioso della sua Sebenico, poteva scolpire sul fregio del portale, alla vista di tutti, i medaglioni di Vittorio Emanuele, di Mazzini e di Garibaldi; in cui l’intiera popolazione spalatina, la notte avanti Lissa, asceso in folla il monte Mariano, tendeva gli orecchi e gli spiriti ai rombi lontani dell’iniziato bombardamento, nell’angoscia tormentosa dell’attesa, mentre in una insenatura remota della costa il vice podestà Giovannizio concordava con un emissario di Persano le modalità dello sbarco creduto imminente. Come in mezzo secolo quella provincia, che il Tommaseo aveva definita in una pagina famosa « italiana più di Trieste e di Torino », assumesse una siffatta maschera serbo-croata da non lasciare più riconoscere ufficialmente il suo nativo sembiante latino e veneziano, attraverso quali prove, quali persecuzioni, quali sofferenze e quali iniquità la terra generosa di Baja-monti si trasformasse nel dominio politico dei Bianchini e dei Trumbic, è stato ultimamente documentato in una diligentissima cronistoria dallo Smirich. Possiamo dire senza esagerazione che niun martirio di popolo eccedette nei tempi moderni quello che fu inflitto ai Dalmati. S’impose loro una sorta di morte spirituale con la soffocazione violenta del loro genio nazionale, con l’abolizione coattiva della loro