156 LA PACE ADRIATICA comincia su una base interamente nuova di concrete possibilità e di seri propositi. Col prestigio del suo nome e della sua stirpe, col valore della sua personalità di Principe e di Soldato, Aimone di Savoia-Aosta ne sarà il degno mallevadore per il domani dell’una e dell’altra Nazione. * * * Oso affermare che, se potessero rialzare il capo dalla tomba i grandi campioni della causa adriatica che vedemmo a uno a uno cadere, vinti dall’amarezza e dalla delusione, dopo il « parecchio » di Rapallo, sarebbero placati e soddisfatti. Anche il maggiore di essi, Gabriele d’Annunzio; e prima di tutto perchè egli, a parte qualche battuta polemica determinata dalle contingenze, non fu mai anticroato; anzi durante l’impresa fiumana pensò costantemente a stabilire relazioni amichevoli con le avanguardie nazionaliste del vicino popolo e, guidato da quella intuizione geniale che in lui teneva luogo di senso politico, cercò di prendere con esse contatti e accordi. Giovanni Giuriati e Nino Host-Venturi potrebbero darne autorevole testimonianza. Ma più il Comandante godrebbe vedendo oggi la sua Fiume respirare finalmente entro un àmbito meno angusto e ricongiungere a sè Veglia e Arbe, « le isole fedeli del Carnaro in tempesta », le quali dalla natura, dalla razza, dalla comunanza delle condizioni di vita erano state unite alla Città olocausta in un solo organismo morale ed economico, che la violenza perfida e cieca della diplomazia del dopoguerra aveva creduto di potere spezzare. Nessuno ignora che la soluzione escogitata a Rapallo per la questione fiumana potè ben chiamarsi il capolavoro del-