76 RICOGNIZIONE DELL'ALTRA SPONDA Scendiamo alla marina, tra la solita folla pittoresca e petulante dei facchini che cessano d’insultarsi a vicenda nel misterioso dialetto nativo per offrirci i loro servigi con la più schietta parlata veneta. Ma avanti : in mezzo a un giardinetto verdeggiante in pendìo sopra la spianata del molo, la statua di colui che è venerato padre spirituale dei Dalmati aspetta anche il nostro pio omaggio. È una delle buone opere d’Ettore Ximenes, atteggiata secondo una linea assai nobile e non immiserita da un realismo troppo trito. La figura del gran Vegliardo sorge severa, come in meditazione: sul petto fluisce la lunga barba profetica: nel viso reclino le cave occhiaie s’empiono d’ombra. Tale doveva egli apparire ai paesani di Settignano allorché, già cieco e presso a rimaner vedovo, pregava da Dio che il conforto della compagna affettuosa fosse serbato ai suoi ultimi tristissimi anni : Ah, sia continue tenebre La mia giornata estrema tutta quanta, Purché tu sole all’anima Quaggiù mi resti, o mansueta, o santa!.... Non si può immaginare con quale religiosa reverenza i Dalmati onorino la gloria di Niccolò Tommaseo, e come si dolgano — bene a ragione, io credo — di non vederla ricordata ed esaltata in Italia quanto meriterebbe. Niccolò Tommaseo è, in qualche modo, il loro Dante: voce, coscienza e simbolo della patria. Culmina in lui la tradizione di cultura latina e italiana che si era floridamente perpetuata in queste terre: si rivela per mezzo suo alla civiltà occidentale la strana duplice anima di questa popolazione. I Dalmati italiani si vantano di aver dato con lui un grande scrittore