Ragusa. Una cosa non si riuscirà mai a sapere con precisione, in Dalmazia: il numero degli Italiani. In tutti i paesi della Monarchia austro-ungarica, del resto, un’esatta statistica « obiettiva » delle nazionalità è quasi impossibile. Il criterio genealogico non giova a nulla. Ognuno sa che, fra i buoni italiani di Trieste, i nepoti e anche i figli di Sloveni, di Sti-riani, di Greci si contano a migliaia: così, capi del movimento slavo in Boemia, in Carniola, in Croazia sono o furono un Rieger, un Kainzel, un Bleiweiss, un Franck, uno Strossmaier.... I Cechi disturbati da un cognome tedesco si scusano, è vero, col dire che questo fu probabilmente imposto alle loro famiglie, slave pur d’origine, dalla secolare preponderanza germanica: iTedeschi di Boemia, di rimando, senza tanti complimenti li chiamano rinnegati. In Dalmazia, poi, le difficoltà per chi voglia raccapezzarsi alla meglio, in mezzo a tanta confusione di popoli e di favelle, si moltiplicano incredibilmente. Sino al fatale 20 luglio 1866 ogni slavo, che fosse riuscito ad arricchirsi e a istruirsi un po’, diventava italiano. Dopo la giornata di Lissa, anche coloro eh’erano nati italiani di famiglia italiana cominciarono a slavizzarsi. E fu il più vergognoso danno, fra i molti