70 RICOGNIZIONE DELL’ALTRA SPONDA tutta angiporti, e archi oscuri, e rivellini, e postierle, e rientrature, quasi disposte ad arte per agguati e scalate. Ma ogni cantuccio nasconde almeno una briciola della magnificenza che fu: dove una deliziosa biforetta, dove uno stipite decorato di fregi lievi e perfetti, dove una balaustrata solenne, e un poggiuolo incantevolmente veneziano, e una véra di cisterna che sembra tolta all’ombra d’un campiello; e su ciascuna cosa la muffa dei secoli e le tracce della devastazione. Gli Slavi spadroneggiano a Traù; gli Slavi e gli Italiani rinnegati, che si chiamano Madirazza, Guidotti, Moretti, Cindro, Sentinella, Rubignoni, Paladino.... Non si può pensare senza amarezza che questa ignota e squallida San Gimi-gnano adriatica, ora data in preda alla violenza oltraggiosa dei barbari, fu per lunghissimo ordine di tempi centro di una splendida tradizione umanistica. Qui il civico statuto del 1316 proibiva l’uso di altra lingua, nei pubblici uffici, che non fosse l’italiana; qui Giovanni Lucio scriveva nel suo adorno latino la storia della Dalmazia; qui Marino Sta-tileo rinvenne nella biblioteca di Palazzo Cippico il testo della « Cena di Trimalcione »; qui nacque l’ultimo dottissimo commentatore di Dante, Antonio Lubin. Ora l’italianità, già così fulgente regina anche a Traù, vi si è appartata come intimidita dalla tracotanza dei nuovi dominatori. Le superstiti famiglie patrizie, ancora fieramente italiane, non possedendo ormai più che i loro grandi nomi e i loro vetusti palagi, si sono ritratte e chiuse nell’ombra dei vasti saloni fatiscenti, entro i recinti muti dei vecchi giardini abbandonati. La cittadetta è gentilmente pittoresca, ma — grazie all’amministrazione slava — un po’ troppo sudicia. Ec-