102 LA RINUNZIA DI RAPALLO prensione organica e attuale della questione, mi propongo di esporre brevemente le notizie e le osservazioni raccolte durante un mio recente viaggio nell’arcipelago dalmatico, nelle città costiere e nell’interno del territorio fino alla linea d’armistizio. II. È pacifico per gli stessi rinunziatari il carattere grossolanamente tendenzioso delle statistiche austriache sulla pertinenza nazionale della popolazione di Dalmazia. Il trucco di quelle statistiche consisteva principalmente nella assegnazione positiva alla nazionalità slava della massa amorfa e indifferenziata dei contadini dalmati, parlanti un dialetto slavo ma privi di qualsiasi coscienza nazionale. Lo slavismo in Dalmazia fu, del resto, come tutti sanno, un partito prima di diventare una nazionalità, e non riuscì a sembrare questa se non dopo l’arbitraria e violenta soppressione delle scuole italiane e l’esclusione della nostra lingua dalla trattazione degli affari pubblici. L’onta del 1866 soffocò l’antica e fiorente italianità della terra di Giovanni Lucio e di Niccolò Tommaseo. L’Austria non ebbe più paura degli Italiani rimasti a lei soggetti, perchè ridotti dalla cessione della Venezia ad una piccola frazione del nesso delPImpero; nè aveva ragione di preoccuparsi del giovane Regno che le era stato così facile battere per terra e per mare. D’altra parte la trionfante politica bismarckiana, avendola esclusa da ogni ingerenza egemonica nel mondo germanico, la sospingeva a tentare la rivincita con la attrazione delle genti slave meridionali nell’orbita della sua millenaria potenza. Per attrarle biso-