— 144 — rito a questo popolo il più cavillatoli e attaccabrighe del mondo. Sarebbe forse qui il caso di citare la parola di un diplomatico, il quale, per aver vissuto a lungo in questi paesi, può parlarne con certa competenza : — « Prenez la Palestine, donnez la leur et lais-sez ces gens là à eux mémes. 8\organiser en Etat ? Ils n’y pensent guère. Àprès vingt ans de luttes inte-stines, ils ne seront pas ficlius de nommer un « Ha-hambachi » (gran Rabbino). Ecco dunque alcune note di viaggio, buttate giù troppo in fretta su questa Terra Promessa, dove la situazione è, non dico più importante, ma indubbiamente più intricata che in qualunque altro punto dell’Egeo. Tutto non è perduto. Tutto è perduto — dicevo. E c’è però tanto da fare ancora ! malgrado la vicinanza della Francia o forse a causa di questa vicinanza stessa che vuol assorbire tutto... Avremmo potuto sfruttare questa doppia simpatia degli Arabi, (per la nostra politica umanitaria e per la Sede del Papato,) e degli Israeliti che, in fin dei conti non si mostrano troppo ostili. Avremmo potuto sfruttare questa simpatia personale del gran Rabbino Jacob Meyir che ha serbato il miglior ricordo dei suoi rapporti con noi a Salonicco e mi ha parlato con parole commosse del nostro Re Vittorio Emanuele. Tanti ricordi, tante tradizioni ci legano a questo paese di cui gli abitanti arabi-cristiani hanno serbato dall’epoca delle Crociate dei nomi da consonanza italiana. L’Italia ha a Gerusalemme di cui il suo re è