— 160 — sbarco. Uno d’essi, probabilmente un ex-ufficiale turco passato al servizio tedesco, si pianta un fez, scende a terra e, subito dopo, le autorità turche di Costantinopoli si recano presso gl’illustri ospiti i quali riescono finalmente a sbarcare, rimontando poi a bordo per proseguire il loro viaggio, dopo due giorni di misteriosi colloqui. Dopo aver costeggiato il littorale di Smirne (zona pericolosa) niente più ostacoli, e i tre passeg-gieri dichiarano di voler sospendere il loro viaggio, fermandosi ad Adalia. Appena giunti in rada, essi sono accolti trionfalmente dalle autorità turche. Bisogna ontare che, al momento in cui avveniva questo fatto (era un po’ prima dello sgombro di Adalia) essi avrebbero dovuto, per regolarità, presentarsi alla Autorità italiana che governava ancora la città. Ciò nonostante, essi furono ricevuti da un commissario turco andato ad incontrarli in una imbarcazione speciale. Sbarcarono immediatamente, portando dietro una dozzina di casse così pesanti che ci voleva quattro uomini per smuoverne una sola. Delle armi ? E possibile. Degli apparecchi di radiotelegrafia ? E anche più probabile. Il fatto sta che i tre sconosciuti sono partiti per l’interno del paese e che nessuno ne ha mai più sentito parlare. In questa lotta accanita per la vita, i Turchi si aggrappano disperatamente a tutto,e riaccendono gli spenti fuochi sugli altari delle loro antiche divinità... L’Anatolia, cimitero della Grecia. Ma nonostante questo sforzo sovrumano della insorta Anatolia, nessuno potrebbe dissimularsi che, sia presso i Turchi come nel campo greco, si è giunti all’ultimo grado di esaurimento.