— 116 — dubbio, poiché appena entrato nella stanza di S. E. Zulfìkar pascià, vengo assalito da un’altra tazza di caffè all’acqua di rose. Questo Zulfìkar pascià, Gran Ciambellano, e uno dei pilastri del Palazzo è un greco, oriundo di Morea e convertito (o pervertito se meglio si crede) aH’Islamismo ; questione di punto di vista. Tanto è vero che il suo cognome è Galanos ed egli ha ancora ad Alessandria dei cugini che rispondono a questo nome. S. E. Galanos-Zulfikar compulsa dei documenti con un aria serena ; quindi prendendo l’uditore del telefono, come chi è abituato a tenere sospeso ad un filo, il destino dei popoli, domanda ad un amico il prezzo del cotone, poi telefona al suo intendente per chiedergli notizie delle sue proprietà private. Dopo questa manifestazione di attività così intensa, io oso esporre assai umilmente, la ragione della mia visita, ben comprendendo che le apprensioni politiche e le dichiarazioni stesse di S. A. il Sultano non possono avere che una importanza relativa, quando si ha delle piantagioni di cotone in pericolo. S. E. il Gran Ciambellano mi prega però di accomodarmi e mi dice con grande tranquillità che sarà necessario attendere un’ora circa prima che giunga il Sultano e che gli si possa parlare. Poi si affretta ad aggiungere che, per le sue attribuzioni egli è incompetente in politica e che tenterà una cosa impossibile : far parlare il Sovra,no di cose che ugualmente egli ignora. Un’ora di attesa. Questi Orientali non hanno la nozione del tempo ! Però, notando le mie impressioni, non mi annoio. Dalla finestra del palazzo scorgo con spavento una piattaforma sulla quale sette cannoni allun-