— 114 — posizione personale, egli non avrebbe avuta nessuna difficoltà a ricevere un pubblicista italiano, pur astenendosi da qualsiasi dichiarazione politica. Certi ambienti nazionalisti avevano spinto il loro sdegno fino ad affermarmi che si entrava nel suo palazzo « comme dans un moulin » e che io non avrei dovuto presentare altro che un biglietto da visita per essere ricevuto. In verità non è stato così semplice, poiché Sua Altezza è, come si vedrà, schiavo di molte convenzioni: i suoi otto anni di studi a Torino non sono riusciti a dargli un’anima italiana, poiché i Sultani italiani non sono tanto schiavi dei pregiudizi quanto dei giornalisti — pregiudizio, questo, forse più pericoloso degli altri. Il « menu » di Sua Altezza L’ entrata a Ras-el-Tine è imponente : guardie di corpo, fanfare e aiutanti di campo multicolori : tutto fa pensare che si va a far visita al grande Sovrano di un grande paese. Appena io salgo la scala di marmo, vengo affrontato da una diecina di neri che hanno l’aria piuttosto ostile, non so perchè. E per di più, siccome essi parlano la loro lingua ed io la mia, ci comprendiamo piuttosto male fino al momento in cui non si è andato a scovare nel palazzo l’unico negro che parli l’italiano. Egli giunge, dando del tu a tutti ; - i neri, come ognuno sà, sono tutti più o meno socialisti. Mi affretto a rispondere a colpi di mancie : lingua internazionale, assimilabile sotto tutte le latitudini. Il mio interlocutore mi dice subito : — Tu vuoi vedere il Gran Ciambellano ? La prima porta a destra.