548 DELL’ HISTORIA VENETA 1635 Dine ìa un deplorando tbeatro dì guerre eterne ? Qtiefto vorrei bero , 0 'Padri 5 vincervi col vofiro fangue mede fimo ; e con fri lace amicitia, per foggettar tutti, vedervi tutti tra VOi àerr nemici. lo non voglio difeutere, fe, lo raffigurano, fu così facile fcacciare la potenza Spaglinola dall Italia. È/fa fondata con legìttimi titoli, ftabilita dal tempo, dall’ , dalla fua for\a, e come una gran quercia, che fopra il fuo pefo (j* il fuo decoro fuffifie. Poffono ì venti crollarla, agitarla, fi sfiatano in combatterla prima, Se fiimano ì Princìpi Italiani impotenti a muover l'armi fendala lorofpott-da, ? affifien^a, dover anno dunque da'loro eferciti efp ugnarft le pìa^^e > prefidiarfi gli acquìfii, Et efclufo ( Dio guardi dii quefto infelice de fiino i Italia ) W&? il mio ¥ ychi f ara il Giudice, che decida la caufa, che mifuri ì Confini, che ripeta il depofito ? lo non voglio ofientare con pompa ciò, che la potenza Spagnuola ha contribuito al decoro , alla ficurta, ¿7/Z2 quiete d Italia. Pét mi inviolabili fono flati fempre ì vofirì confini ; dentro ìTSioftri habbi amo contenuti ì penfieri, ? le armi, non follec iti, che della pace propria, ? comune. Il mio Re ha voluto fe?npre con-