XVIII VITA Di Altra oppofizione riguarda le concioni ; ed è comune fi all’ Iftoria del Navi, che a quella di Paolo Paruta. Ella è a carte 82. della parte prima dell’opera del Sig. di Wicquefert, intitolata L‘ Ambajfadcur & fes funitions (a) . „ Paolo Paruta e Bati/la Navi, tutti e due Proccuratori di san Mar-,, co, danno a divedere d’avere ugualmente avuto talento, e per ifcriver „ l’iftorie della lor patria, e per fervirla nelle maggiori fue occorrenze. Si „ meriterebbero d’effere annoverati fra’primi, fe riempiute non averterò „ le loro iftorie di concioni, delle quali ninna ertendo vera, fembrano efier „ fatte pel folo diletto di far pompa d’ una falfa eloquenza, la quale in ,, un’iftoria non dee aver luogo, ec. “ Il qual paffaggio non una già, ma più accufe può dirli che abbracci. Imperocché qui fi tacciano quefti due, che alle dignità equeftre e proccuratoria accoppiaron 1’ ornamento pregevole d’Iftorici pubblici della noftra città; e taccianfi in primo luogo d’avere interpofte a’ loro racconti molte concioni ; fecondariamente ninna delle ftef-fe concioni ejfer vera , ma folo effer fatta per far pompa d'una falfa eloquenza. Or io, parlando del folo Bati/la Nani, la cui vitami fono artunto qui di fcrive-re ; ma parlando in guifa , che inlìeme potrà dirfi che io trattila caufadi Paoh Paruta ed eziandio degli altri noftri fcrittori : affermo, che s’egli è da condannare , per la frequenza delle concioni, fi fatta condanna farà a tutti i migliori iftorici comune, fi greci che romani . Avvegnaché quante fon le concioni che interrompono il filo dell’ iftoria di Tucidide, quante di Livio, di Saluftio, dì Tacito, di Curzio, di tutti gli altri ? E quefte concioni chi oferà d’affermare che tutte fien vere, e non più tofto prodotte dal folo ingegno dell’iftorico, per far con effe pompa d’una non vana eloquenza ? In ogni altra cofa cercafi dall’iftorico la pura verità : ma, nel particolare delle concioni, fembra poterfi ammettere in qualche modo il verifimile. E fu tal verifimile perfone s’introducono a parlare ne’Senati, ne’pubblici configli, ne’regj gabinetti, al popolo, agli eferciti; ma perfone che veramente vi furono, e che probabilmente intervennero alle difcufiìoni di quegli affari . E vi s’introducono , acciocché dalle concioni venga il lettore a concepire le vere ragioni, che moffero o quel principe ,0 quel capitano,o quel fenato , o qualunque altro fi fia, a prendere quella tale deliberazione. E ’1 farlo in tal guifa non poco giova, perché ciò dal leggitore con più diletto fi riceve , e affai meglio imprimefi nella fua mente. Bifogna però aver riguardo che ciò facciali opportunamente, e tutto s’adatti al luogo, al tempo, e all’altre circoftan-ze della cofa di cui fi tratta . Se quefte leggi fienfi dal noftro iftorico pienamente offervate, ione coftituifco giudice il fayio leggitore. Solo dirò, che l’Abate di Tallemant, nel luogo teftè citato, così ebbe a pronunziare fopra di ciò. Vi fono nella fua opera molte concioni', ma OPPORTUNAMENTE vi fon collocate. Pure io qui foggiugnerò, che non folo verifimili, ma vere fono le concioni, le quali nell’Iftorie del Nani s’incontrano : non già che l’Iftorico abbiale qui pofte con quelle fteffe parole, con cui nel Senato o nel maggior Config'io furon d*tte ; cofa la quale ne così agevol farebbe da fare, ne da efigerfi ragionevolmente da chi fi fia in qualunque fcrittore. Ec-ci tuttavia ciò tutto che que’gravi Senatori , in prova del loro affnnto, fep-pero in tali occafioni addurre : ma ogni cofa lo ftorico efpofe con quelle parole e maniere di dire, che ad erto più acconce fembrar poterono. Ne diffidi effere allo fteffo potea l’averne contezza di tutte quelle confulte, e di tut- ( a ) A Ctlegnt} TÌfì Pitrrt Marttau, 1690. ¡04. (a) In