È già sera. D’un lieve riflesso dorato Il tramonto ha spruzzato i campi grigi. E le gambe nude, come i vitellini sotto il portone I pioppi si sono ficcati nei fossati. Un soldato rosso zoppo col viso assonnato, Corrugando la fronte nefi ricordi, Racconta con aria solenne di Budionnyj, E come i rossi hanno ripreso Perekop. « Gli abbiamo dato cosi e cosi, A questo borghese... il quale... in Crimea... ». E gli aceri increspano gli orecchi dei lunghi rami, E le donne sospirano nella muta semioscurità. Già dal monte vengono i contadini, E al suono di un’armonica, suonando con Iena, Cantano le canzoni d propaganda di Demjan Bjednyj Facendo risuonare dell’allegro grido la valle. Che paese ! Che diavolo allora Ho sbraitato nei versi, che sono amico del popolo? La mia poesia qui non serve più E, forse, neppur d: me hanno bisogno qui. Ebbene ! Addio, rifugio nativo ! Di quel che ho fatto per te io sono contento. Sia pure che non mi cantino oggi. Io ho cantato allora, quando il mio paese era malato. Accetto tutto. Accetto tutto com’è. Sono pronto a seguire le traccie già battute. Darò tutta l’anima all’Ottobre e al Maggio. Solo non darò la mia lira adorata. Non la darò a mani estranee, Nè alla madre, nè all’amico, nè alla moglie. Soltanto a me essa ha confidato i suoi suoni. E soltanto a me ha cantato i canti dolci. * 37 *