la Luxemburg mette in evidenza come Tolstoj odiasse la rivoluzione e la lotta di classe; Trockij mostra come fosse impossibile per Tolstoj « barin » e aristocratico rinnegare questa sua origine e come la sua non fosse che ima predica al deserto, in conseguenza della sua cecità storica e della sua impotenza nelle questioni sociali; le parole di Akselrod-Ortodoks ci coloriscono la fede di Tolstoj come giustificazione della servitù e della schiavitù ed il suo « amore di Dio » come uno* sprofondamento nell’egoismo, e così via. I compilatori della raccolta hanno evidentemente cercato negli scritti dei corifei della rivoluzione bolscevica tutti quei passi che più potevano giovare al loro assunto, ma non è dubbio che il tono che ne deriva risponde aH’atteggiamento generale. Del resto la raccolta integrale degli scritti di Lenin e di Plechanov intomo a Tolstoj, curata dall’ « Accademia comunista » e quella di tutti gli scritti marxisti su di lui curata dalla Casa editrice governativa, son lì a confermarlo. La distinzione fatta da Lenin trai Tolstoj artista e Tolstoj pensatore è, come si è detto in principio, netta e precisa. Secondo Lenin nel 1905 il tolstoismo1 ricevette il suo colpo di grazia, segnando con ìia sua fine la fine anche di tutta quell’epoca che aveva potuto generarlo1, non come qualche cosa di individuale, come un capriccio o una originalità, ma come ideologia di quelle condizioni di vita nelle quali si erano trovati milioni di uomini nel corso di tutto il periodo 1862-1904 della storia della Russia. Utopistica e reazionaria, nonostante i suoi elementi * 151 *