ciso dal futurismo, appoggiato e incoraggiato dai poteri rivoluzionari, rifaceva capolino, proprio attraverso i poeti del proletariato- Si capisce che mentre il vero simbolismo, quello di Balmont e di Rlok, era tutto materiato di poesia, questo dei Kiril-lov e degli Aleksandrovskij (e la schiera si fece presto legione) era tutto un tessuto di retorica e di enfasi. La « astrazione si estese a tutto il mondo », secondo l’espressione di uno degli storici della odierna letteratura, il Leznev. I poeti proletari non parlavano che di entità : i’Um»nità, il Sole, il Lavoro. Fu la fase della cosidetta poesia cosmica : « Il Cosmos, è un’officina enorme che ci si può rappresentare pensando agli stadi successivi della produzione ». Sembrerebbe che, al contrario della poesia di Demjan Bjednyj, questa corrente dovesse avere scarsa efficacia sociale. E pure, per riconoscimento quasi concorde di critici, essa ebbe una grande importanza. Le nuove condizioni di vita, seguite alla tensione « patologica » della rivoluzione, domandarono anche alla letteratura di muoversi più stretta-mente a contatto della realtà, ma, come fu detto-, fu il « cosmismo » che diede al proletariato, o meglio, agli scrittori proletari, la baldanza necessaria per cominciare la lotta. La preoccupazione dei poeti « cosmici » fu duplice : prima di tutto, il desiderio di dare alla letteratura proletaria una caratteristica, fondata sulle nuove condizioni della vita e del lavoro; e poi il desiderio di interessare l’opinione pubblica a tutto ciò che è lavoro, produzione, a tutto ciò che è suscettibile di contribuire al risolle-