« Nella sua persona la poesia legò i suoi destini ai destini dell’umanità, lottante per la sua liberazione, e da creazione per pochi eletti divenne creazione per la massa ». Senza dubbio, l’aver intuito che il modo- migliore di avvicinar la massa era quello di parlarle la lingua più semplice e chiara, quella di tutti i giorni, fu un merito del fecondissimo poeta, insieme all’altro di distribuire a pillole la dottrina di Marx, ma che come poeta Demjan Bjednyj possa riescir simpatico, c’è da dubitarne. La schiettezza che caratterizza, nonostante tutto, il popolo semplice, non era tanto facilmente intaccabile, e vien fatto di pensare che quando il poeta Esenin chiamava Bjednyj, Demjan figlio di lacchè (Demjan lakeic) non esprimesse un’opinione soltanto personale. In ogni modo Demjan Bjednyj è il capostipite della letteratura proletaria, come Majakovskij lo è del futurismo russo al servizio della rivoluzione-Anche per Mlajakovskij, si possono ripetere cose analoghe, sebbene in Majakovskij viva un vero, autentico talento poetico; Vagitila (cioè l’opera politicai destinata alla propaganda) è forse la tomba inevitabile della poesia. Ma ben altro interesse offre la seconda corrente della letteratura proletaria : quella dei « giovani », che, staccatisi dalla realtà, osarono cantare i loro inni all’astrazione. I due rappresentanti più notevoli di questa corrente furono l’Aleksandrovskij e il Kirillov. Ora tutti e due erano strettamente legati alla poesia russa d’anteguerra, il primo a Blok, il secondo a Balmont. L’imitazione era evidente : il simbolismo, che doveva essere uc- * 43 *