XXX ANGELO SlOi-SO « Studiavo i crani etruschi e quelli scoperti nel Foro romano, quando feci la conoscenza del signor Duncan Mackenzie, che veniva da Creta, dopo aver aiutato Arturo Evans negli scavi di Cnosso. Mi raccontò di una trincea scavata sopra una collina, dove avevano potuto studiare l’abitazione dell’uomo fino a dodicimila anni prima di Cristo. M’innamorai subito di tali ricerche.... ». Mi innamorai.... La parola non poteva essere più esatta. Tòcco dal fascino incomparabile della preistoria, il Mosso non ebbe più pace. Per chi conosce per prova l’enorme somma degli studi mercè i quali l'archeologia moderna ha rinnovato la preistoria ellenica, la rapidità con cui il « dilettante archeologo », come egli modestamente si chiamò, si rese signore della materia, ha del meraviglioso. Dopo pochi mesi egli mostrava una conoscenza delle fonti, da disgradarne più d’un maestro. E tosto, anche in questo nuovo campo di studi egli recava il suo spirito pratico di sperimentatore positivo. Non si arrestava alle relazioni accademiche: partiva, nella primavera del ’96, per Creta, per vedervi coi propri occhi il meraviglioso spettacolo di quella millenaria civiltà dissepolta. Ho letto centinaia di relazioni di scavi, scritte da dotti professori di letterature antiche e da artisti : in nessuna ho trovato mai, come in questa di un fisiologo, rappresentata la passione febbrile e la poesia senza eguali che afferrano lo spirito e fanno battere il cuore di colui che si curva ad interrogare una terra sacra per memorie di bellezza e di gloria. Chiunque abbia calpestato il glorioso tritume di marmo che cosparge l’Acropoli, o la magra brughiera da cui Delfo alza le sue mozze mura, o il greppo rossiccio dove fu Micene, e si sia sentito tratto, come da un impulso irresistibile, a scavare con le unghie qualche frammento di marmo, qualche coccio di vaso, qualche frantume di idolo, comprenderà queste parole con cui il Mosso racconta l'inizio dei propri scavi nella misteriosa isola di Minosse: « L’eccitamento clic danno gli scavi è il più intenso che io abbia provato sino ad ora. Un artista preso dalla passione degli scavi dovrebbe descrivere l'ambiente nel quale si fanno le ricerche archeologiche, riprodurre dal vero l’ansia dei primi saggi.... raccontare come vengano in luce i documenti che parlano dove tace ancora la storia. Se un artista archeologo potesse trasmettere in chi legge gli entusiasmi e i sussulti che prova stando con gli operai, quando il piccone dà un suono cupo e il terreno rimbomba come un presagio di nuovi trovamenti, e mostrare le mani che tremano frugando nella terra, o scorrono timide su frammenti di un’opera d'arte.... se spiegasse questa arcana virtù che hanno gli scavi, di esaltare il pensiero, e la richiesta insistente, quasi infantile, alla fortuna, di concedere nuovi tesori; non scriverebbe un libro, ma un romanzo ed un dramma, il dramma dell’anima umana che cerca l’ignoto ».