55 la t è molto bassa quasi alla stessa altezza delle altre lettere ed ha la sbarra molto sviluppata innanzi; la n e la v sono sempre uguali; la z è composta da due c uno sotto 1’ altro in senso inverso ; la y porta generalmente il comma. Le maiuscole sono quasi tutte derivate dall’ onciale. In parecchi casi si trovano però le minuscole ingrandite (c. 278r ad, 278v aureas, audi). La Q e la S portano sovente una doppia linea (c. 104r quod, qui). Le abbreviazioni sono assai parche. Si trovano i soliti compendi dei manoscritti di materia religiosa e le comuni formule sillabiche. Notiamo alcune abbreviazioni più caratteristiche: ' ee, è = esse, est; nc = nunc; V5 = tunc; qm = quornodo; m = mihi; li = hoc; q_a = quia; g = ergo; q = qua; nucp= numquam, v = vero; igii~ = igitur; oTa = omnia;il = kalendae; ms = mena; s? = sed; atq; = atque; sep, semj> = semper; frs km = fratres carissimi ^pi“ = propter; qd, qt)*, = quod; it = habet; aut = autem. La desinenza dei verbi in ur è indicata con una specie di apostrofo molto sviluppato orizzontalmente posto sopra l’ultima sillaba. Tuttavia non mancano esempi di verbi scritti per intero (c. 172v calcatur, dicitur). L’ abbreviazione dell’ us finale di una parola è data da una specie di grande apostrofo sviluppato nella parte curva e posto sopra 1’ ultima sillaba (c. 260r corpus; 263v eius). Esso indica s oppure os anche in mezzo alla parola (c. 280v possidere, possit). Il dittongo ae è indicato sempre da una semplice e. La et congiunzione è indicata spesso col segno tironiano corrispondente 7, e tale segno è usato anche nella parola sed; talvolta è usato pure nella terza persona singolare dei verbi (c. 270r conspi-casset). L’enclitica que è rappresentata da q seguito da un punto e virgola ben marcato. La desinenza del genitivo plurale è indicata o interamente o colla abbreviazione del solo m (c. 235r seculorum) o col segno speciale a forma del numero quattro (c. lOOv christianorum). La s finale nelle parole in fine di riga è posta di solito più piccola, di forma onciale, sopra 1’ ultima lettera (c. Ir electis). Le parole divise alla fine del rigo hanno la lineetta d’ unione obliqua assai lunga.