320 Protocollo assunto nell’ufficio dell’Agenzia di porto e p. in. — presenti i sottoscritti. (( Arbe, 15 Novembre 1918. « In mancanza del comandante il piroscafo Zapar, signor Leonardo Viviani, atteso sino le ore 6 pomeridiane di oggi, non si presentò per il motivo che dopo il suo arrivo, ore 2,30 pomeridiane, venne condotto dalla guardia nazionale in luogo allo scrivente sconosciuto, viene citato il signor Noferi Enrico, primo macchinista del detto piroscafo, quale ufficiale di bordo, ed analogamente interrogato dà la seguente risposta : « Dalla r. nave italiana che si trova a Sebenico, abbiamo ricevuto l’ordine di alzare la bandiera italiana sull’albero da prora e quella austro-ungarica da poppa. « Così abbiamo viaggiato sino Arbe. Arrivati nel porto di Arbe, io mi trovavo in coperta del battello, ed approdato alla riva alcuni di loro ci assalirono con parole poco garbate, inveendo con parole sconce contro la bandiera italiana e austro-ungarica, ordinandoci di ammainare le accennate due bandiere, che non mi posso orizzontare da chi venne ciò eseguito. Il comandante sig. Viviani, sceso a terra non appena il battello approdò alla riva, venne condotto dalla guardia nazionale non mi consta dove e sino adesso le ore 6 pomeridiane non ricomparve ancora a bordo. f.to Enrico Noferi ». « Il giorno 20 novembre 1918 entrò nel porto di Arbe la r. nave Basilicata. « Gli italiani di Arbe vollero avvicinarsi alla nave per salutare il comandante e domandare protezione contro le offese degli jugoslavi. Questi impedirono con la violenza di avvicinarsi alla nave. « Il sig. Giuseppe Lemesich, studente di legge, fu arrestato perchè insisteva di voler parlare al comandante. « Il giorno dopo il comitato nazionale jugoslavo fece calare in città i contadini croati armati, che insultarono i cittadini italiani e fra altri le signore italiane Galzigne e Cuculich e la signorina Tudorin. « In fede di che ». Arbe, 25 Novembre 1918. (firme dei componenti il comitato). « Il giorno 21 novembre 1918, dal poggiuolo del palazzo comunale, il parroco don Pietro Zahia, jugoslavo, ringraziò i contadini slavi di essere accorsi armati e numerosi all’ap-