225 « Alle ore 0,30 dell’8 partì da Ancona il Cortellazzo con il battaglione. Io partii all’1,30 sullo Schiaffino con tutto il mio stato maggiore e con un mas a rimorchio. « Alle ore 7,15 ero a Lucietta, e non trovandovi torpediniera pilota diressi su Sebenico sotto la sicura guida dei piloti di Zara che avevo a bordo. « La rotta è relativamente agevole e anche più semplice di quella che può farsi atterrando su Capo Cesto. Entrambe però presentano una accostata ad angolo retto presso Sebenico, pericolosa per grandi navi. Alle ore 8 entravo a Sebenico. Il Cortellazzo entrò alle ore 10. « Appena giunto avvertii del mio arrivo il comitato jugoslavo esprimendo il desiderio di una pronta conferenza; mi fu subito risposto che avrebbero convocata la presidenza che sarebbe venuta a trovarmi. « Intanto con il capitano Luxardo visitavo il paese e vi conoscevo i principali italiani. « Tornato a bordo vi trovai ad attendermi la presidenza del comitato locale composta del dottor Smollcic, dell’avvocato Sabotich e di Marco Stoich. « Espressi loro il desiderio di recarmi alla sede del comitato onde conferirvi con più libertà che sopra un angusto cacciatorpediniere. Esitarono ma finirono per acconsentire. (( Ci recammo dunque all’hótel Kerka, ove ha sede il comitato. La mia entrata in quel centro ha provocato le vive ire del partito contro il presidente Smollcic che l’aveva permessa; e da un gruppo di popolani radunati davanti all’albergo partirono grida di viva Sebenico jugoslava, a cui non diedi importanza. » Rifiutai conferire nella grande sala ove erano radunati una cinquantina di individui e ci ritirammo in una stanza attigua. Ufficiali di marina austriaci in divisa passeggiavano sul terrazzo che si estende lungo tutto il primo piano dell’albergo dove eravamo radunati. Era con me il mio capo di stato maggiore, capitano di fregata De Feo. Presentai al comitato la lettera di cui allego copia, esprimendo il proposito di procedere alla occupazione di Sebenico con concordia di intenti e in modo che nessuna memoria sgradevole dovesse rimanerne ai cittadini. Mi fu obbiettato che la eccitazione degli animi della gran maggioranza della popolazione non lo consentiva. Mi fu chiesto come intendevo procedere alla occupazione. Risposi che intendevo disturbare il meno possibile la vita del paese, ma ridurre in mio controllo radiotelegrafia, telegrafia, trasporti, armi e navi. « Avrei lasciato sventolare la bandiera jugoslava dagli edifizi privati, ma non su quelli pubblici. Allora interruppe concitato Marco Stoich : a noi non resta che andarcene : Cer- 15 — he Occupazioni Adriatiche»