163 testa alle truppe; feci invergare ad un’asta una nostra bandiera che affidai ad un ufficiale, ripresi quindi la marcia, molto difficile per le strade pessime e per la folla, cercando di dirigere verso le caserme. Molta gente Ci fiancheggiava, in particolare soldati e marinai jugoslavi, dai quali partivano frenetiche grida di: Viva la Jugoslavia! Viva l’Intesa! borghesi parecchi ma generalmente silenziosi, pochi giovani gridavano Viva l’Italia. « Da alcuni funzionari del municipio fui insistentemente invitato a recarmi anche per pochi minuti al municipio stesso, ciò che avrebbe fatto deviare di poco la marcia dei marinai verso le caserme. Credetti opportuno aderire a detto invito. Penetrai con due battaglioni marinai (mentre il battaglione fanteria era diretto altrove) nella piazza del municipio tutta pavesata con colori italiani e delle nazioni alleate ed affollatissima. Lasciai per pochi minuti le truppe al comandante del Io battaglione e salii al municipio, dove trovai raccolte molte persone, parecchie delle quali con distintivi italiani. Uno di essi fece un discorso inneggiante all’Italia; ringraziai con poche parole della affettuosa accoglienza fatta ai marinai, e mi accomiatai per condurre subito i battaglioni alle caserme. « Fu in questo istante che scorsi nella piazza un nucleo molto numeroso di marinai austriaci, che circondando una grande bandiera jugoslava e cantando inni, si dirigevano verso i nostri plotoni, già in moto, per traversarli : feci passare subito l’ordine di serrare le file e di non far passare nessuno attraverso di essi, gli jugoslavi deviarono allora verso la coda dei battaglioni e seppi dopo, che erano riusciti a dividere in due il 2° battaglione, approfittando della folla e della oscurità, ciò che causò un qualche ritardo neU’arrivo di un terzo dei marinai nelle caserme. Dopo altre difficoltà riuscii infine a condurre i battaglioni davanti la caserma marina, di fronte all’Arsenale. Sulla porta di questa caserma, prima, poi su quella della scuola macchine, trovammo un gruppo di jugoslavi con bandiera spiegata al di sopra e in alto della porta stessa, mentre detti marinai cantavano loro inni. « I nostri battaglioni furono suddivisi fra le due suddette caserme, superando nella caserma marina non poche ostilità perchè gli jugoslavi non volevano lasciare libere le camerate; in molte di queste, che potevano contenere 50 uomini, si erano chiusi tre o quattro jugoslavi. Dopo poche frasi scambiate, senza risultato positivo, con l’ufficiale jugoslavo di guardia alla caserma, decisi di fare aprire le camerate, mandando altrove gli austriaci, così i nostri marinai, stanchi per due giorni di continue fatiche, poterono alla meglio riposarsi. Disposi per la guardia ai cameroni, ai corridoi e per un picchetto alla porta della caserma.