156 « Di ritorno dalle caserme, raggiungo i reparti in marcia attraverso la città e visto che alcuni marinai procedono stretti da fanciulle e da giovani, che li traggono lungi dalla strada che conduce ai quartieri, ordino severamente a quanti incontro di seguirmi. Faccio fermare il corteo che circonda i nostri, arringo gli italiani invitandoli, in nome dell’amore che dimostrano per la loro Patria, a lasciare liberi i soldati, facendo presente il male che incosciamente produrrebbero. « Mando a dire al comandante Aiello, che precede, di fare altrettanto. « Così, a stento e con fatica, riesco a riordinare buona parte delle truppe. « Prego gli italiani di ritirarsi e di riserbare la manifestazione di giubilo per il giorno in cui Pola sarà veramente nostra. « Sento la crudele necessità di troncare la bella manifestazione, sottraendo al più presto i marinai dal pericolo. Dispongo che il primo battaglione alloggi alla caserma di marina, il secondo alla scuola macchine. Invio subito ufficiali a raccogliere i militari, che l’entusiasmo della popolazione ha deviato; altro ufficiale mando incontro al battaglione di fanteria disponendo che entri in città in formazione chiusa e bene ordinata, attendendo ordini per il suo accantonamento. (( Tenendo conto che in una caserma alloggiavano 500 marinai insieme con 3000 croati, e che nell’altra 400 marinai abitavano insieme a 2090 slavi, e che nella prima sentimenti di ostilità mal celati avevano provocato lievi incidenti subito repressi dall’intervento dei nostri ufficiali, dispongo affinchè i marinai, consumato il rancio, riposino vestiti ed armati, pronti ad ogni richiesta; che i cameroni siano guardati da sentinelle, e che ogni reparto abbia presso di sè almeno un ufficiale, e ciò per un senso di diffidenza reso più vivo anche dalle voci, riferitemi da italiani, secondo le quali i croati non avrebbero tollerata la nostra presenza nella piazza di Pola. <( Vado poi incontro al battaglione di fanteria. Incontratolo presso l’Arsenale l’ho fatto sostare. Ad alcuni italiani domando se esista per alloggiarlo un locale più sicuro delle caserme croate. Mi viene indicato il casamento delle scuole pubbliche in piazza Dante Alighieri. Ordino che in esso si fermino per riposare fanti e carabinieri, tenendosi anche loro pronti ad ogni chiamata. « Sono accompagnato da vari cittadini al municipio, dove ben presto conviene da ogni luogo la parte più eletta della cittadinanza e gli ufficiali disponibili. « Si trascorre qualche ora tra manifestazioni di giubilo e di devozione all’Italia, si pronunciano discorsi, si cantano gli inni nazionali. Mi ritiro all’albergo mentre tutti i cittadini,