- 114 - E Fiume è ad un tempo il loro centro di rifornimento. Ove il suo possesso non fosse assicurato all’Italia, l’Istria orientale e le isole rimarrebbero prive del loro mercato naturale con sommo discapito dei loro scambi, giacché, per la distanza che le separa da Pola — il possibile mercato più prossimo — non converrebbe loro di deviarli incontrando gavi sacrifici di tempo e di denaro, e sarebbero perciò costretti ad esitare i loro prodotti al di là di quelli che potrebbero essere i nuovi confini, so-vraccaricaudoli di dazi, che ne renderebbero impossibile lo smaltimento ai prezzi ordinari, e dovrebbero forzata-mente compiere i loro rifornimenti in terra straniera, ivi lasciando gran parte dei loro redditi e dei loro guadagni, con grave nocumento dell’economia nazionale. Soltanto con il possesso di entrambi i porti principali dell’Adriatico orientale il pericolo di qualsiasi svalutazione sarebbe rimosso; e l’uno e l’altro continuerebbero a prosperare, servendo il rispettivo territorio, che, data la sua estensione, alimenta il traffico di entrambi. La posizione di Trieste e di Fiume, veramente formidabile, è l’elemento precipuo che ne determina il loro valore e la loro importanza. Le due città sono le ampie porte dell’Oriente balcanico sull’Adriatico; ed assieme costituiscono il polmone destro dell’Italia destinato a vivificare la penisola dell’ossigeno orientale. Col loro possesso sarebbe assicurata una larga partecipazione dell’Italia nei traffici di quelle lontane regioni, nelle quali i prodotti italiani troverebbero sicuro e rimunerativo collocamento e l’industria nazionale si svilupperebbe vittoriosa. A traverso Trieste e Fiume si attuerebbe finalmente l’ardito disegno, vagheggiato dai nostri Grandi, di un’affermazione della coltura e della civiltà italiana nell’Oriente balcanico, strumento poderoso di penetrazione, il più efficace per cementare i vincoli che legano il nostro paese con quelle regioni, e ad istituire rapporti e relazioni salde di affetto e di interesse.