— 14 — Mario Alberti. — La fortuna economica di Trieste ed i suoi fattori. Poiché, generalmente, si fa incominciare la risurrezione commerciale di Trieste all’epoca in cui essa divenne porto franco, sarà bene osservare più attentamente le origini e le conseguenze di tale fatto. Per le innumerevoli vessazioni fiscali e daziarie, nel medio-evo il commercio era, come già si rilevò, veramente assai esiguo. Orbene, per rimediare a così deplorevole stato di cose, vi fu chi pensò di esonerare determinati porti dal pagamento di dazi, così che gli arrivi e le partenze delle merci non fossero ostacolate e potessero liberamente effettuarsi. Livorno, per l’acume dei Medici, fu il primo porto franco: nel 1547. La concorrenza che, per le sue condizioni di libertà di traffico e d’esenzioni da dazi, Livorno potè muovere alle altre piazze mercantili, accapparandosi gran parte del commercio col levante, indusse a far diventare porti franchi anche altre importanti città marittime-commerciali del Mediterraneo: Genova nel 1595, Napoli nel 1633, Venezia nel 1661, Marsiglia nel 1669, Gibilterra nel 1706 e Port Mahon nel 1718. Di fronte a questo diffondersi di porti franchi nel Mediterraneo e nell’Adriatico occidentale, i porti dell'Adriatico orientale non potevano essere più a lungo mantenuti nelle loro condizioni d’inferiorità, e così Carlo VI si decise a render porti franchi dapprima (nel 1719) Trieste e Piume, poi, qualche anno dopo (nel 1725), Martinschizza, Buccari e Portorè ed infine (nel 1725) Zengg e Carlopago. Nel 1732 erano diventati porti franchi anche Ancona e Messina. Oltre che dall’esempio degli altri porti franchi già esistenti e minacciosi per l’assorbimento e l’accentramento dei traffici da essi operato, Carlo VI fu