— 68 — Capbin. Trieste e l’Italia (Milano, 1915. Pag. 8). Trieste nel 1719 diventa porto franco, vale a dire città commercialmente libera, emporio autonomo di mercanzie, di uomini, di attività di ogni specie. Iva deliberazione di Carlo VI a beneficio di Trieste applicava un principio di libero scambio marittimo che non aveva inventato lui, poiché Livorno era stato dichiarato porto franco fino dal 1547 e nello stesso Adriatico lo stesso Carlo VI dichiarava porti franchi altre cittadine della costa orientale: Buccari, Porto Re, Carpolago in Croazia. Pure Buccari, Porto Re, Carpolago, non ostante i loro porti franchi, sono rimasti oscuri borghi senza storia. Se Trieste ha potuto trasformarsi via via nel massimo porto orientale, non deve la sua fortuna a provvidenze austriache, ma unicamente alla sua posizione privilegiata ed alla capacità mercantile dei suoi abitanti. Sottoposte Trieste e Venezia alla stessa dominazione, dopo il 1815, vissero non rivali, perchè ciascuna delle due città ebbe azione d’entroterra (hinterland) diversa. Il Governo austriaco osteggiò sempre il progresso di Trieste, vedendo nella attività triestina un movente politico: così fu combattuta da Vienna l’istituzione del Lloyd nel 183fi. Trieste, nella lotta feroce, assidua, pertinace per la difesa della sua italianità, ha arma principale la difesa della lingua italiana. E la navigazione mercantile di bandiera austriaca, sia quella del Lloyd austriaco, sia quella transatlantica Austro-Americana o delle imprese minori, la lingua che adopera a boi do, che propaga in tutti gli scali, in tutti i mari, è la stessa lingua con la quale l’Adriatico fu colonizzato dalla navigazione veneziana.