— 55 — dall’antico uso dell’italiano fra tutti i navigatori dell’Adriatico. Era la marina che nel ’48 Nicolò Tommaseo con una parola avrebbe potuto far passare ai servizi della risorta Repubblica di Venezia. La parola non fa detta per uno scrupolo della coscienza assoluta del Tommaseo. Rimase marina italiana ancora ai tempi dell’Arciduca Massimiliano, ultimo degli Absburgo che rispettasse il segno di civiltà superiore che è nella lingua italiana. In italiano le navi di Tegethof combatterono a Lissa contro le italiane. Dopo il ’66 la marina dell’Austria ha fatto sforzi incredibili per spogliarsi della sua veste italiana. Lingua di comando in tedesco ed equipaggi per quanto più possibile composti di slavi. Ma siccome gli slavi dalmati sdrucciolano nell’italiano, si sono importati ufficiali e marinai continentali dalla Boemia, dall’Austria. Ma l’italiano non si è riusciti ad espellerlo. Un motto comune dice : “ a terra si parla tedesco, a bordo croato, ma quando “ tira un fortunale si bestemmia in italiano „. .....L’egemonia economica dell’Austria sull’Adriatico è stata la più dannosa all’Italia. Dal suo polmone destro l’Italia non aveva aria marina da respirare: l’ossigeno adriatico per tre quarti era assorbito dall’Austria. La funzione esercitata dai due porti di Trieste e di Fiume — la Dalmazia non ha porti che d’importanza locale e di cabotaggio costiero — non poteva in nessun modo essere neutralizzata nè da Venezia, nè da Ancona, nè da Brindisi. Il destino di un porto è connesso alla sua posizione geografica ed in nessun punto che appartenesse allo Stato italiano, l'Adriatico si avvicina ai territori dell’Europa centrale come Trieste e Fiume, porti italiani, ma in possesso dell’Austria-Ungheria. E non era nemmeno possibile — nè forse desiderabile — che Venezia italiana potesse via via strappare a Trieste ed a Fiume una parte del loro traffico. Il traffico del Mediterraneo orientale era avviato a Trieste prima che Venezia risorgesse come porto mercantile del ♦