cava di scrutare il presente in tutti i suoi tragici misteri. Il calderaio invece, per ingannare il tempo1 e se stesso, parlava incessantemente, beveva, fumava, si scuoteva e tendeva l’orecchio al minimo rumore dal di fuori. Vedendo che l’ufficiale « se ne intendeva » di cavalleria, prese a parlare di una sua cavalla e non finì se non quando, a tarda ora, il vino e la stanchezza ebbero ragione di lui. S’addormentò in ut> cantuccio1 dell’osteria, protendendo la testa fra le gambe come se tenesse il morso1 della sua focosa cavalla. Il capitano vegliò invece tutta la notte pensando a sua moglie, a suo figlio, alla guerra ed ascoltando il battere monotono dell’orologio a pendolo o le imprecazioni che Blagoje in sogno lanciava alla cavalla... All’alba un fischio lungo e prolungato fece sussultare l’ufficiale, il quale fu d’un salto fuori e dopo poco aveva la dolce soddisfazione di stringere ai seno madre, moglie e bimbo, scappati fortunatamente alla crudeltà dei nemici. Blagoje non sentiva nulla, preso dall’alcool continuava a rorfare ed a sognare la sua cavalla. Quand’ecco scendere dal piroscafo a gran fatica un uomo in divisa militare. « Tutto c’era in lui; forza, bellezza, salute, ma non aveva la gamba destra e la mano sinistra » (1). L'ufficiale rabbrividì, lasciò la moglie e la madre, gli corse incontro e gli chiese se fosse il figlio di Blagoje. II povero giovine si « mise sull’attenti » e rispose di sì. In quello Blagoje corse fuori dall’osteria a capo scoperto e s’incontrò con la folla di passeggeri e di curiosi. Il capitano gli gridò : « fermati, egli è ferito1 gravemente! » ma egli rispondendogli : « ma che ferito gravemente!... Non ho qui la lettera?», corse avanti, avanti e si fermò soltanto dove non c’era più gente, domandandosi : « Ma dov’è? ». Un « babbo » proferito fievolmente lo fece voltare. Si fermò dinanzi a suo figlio, lo guardò e loi guardò, poi cadde a terra, privo di sensi. Quando rinvenne, abbracciò suo figlio così impetuosa- (i) Sve ce to narod pozlatiti, ibid., pag. 78. * 72 *