mutabilità, i « dati dell’anima », pur presentando fra loro delle belle probabilità di rassomiglianza, non devono essere accettati con, soverchia buona fede perchè possono essere tanto creazioni artistiche, quanto riproduzioni, estrinsecazioni di singoli sentimenti o, addirittura, di singoli guizzi di fervore non inerente all’anima dall’artista. S’è visto a proposito di Werther quanto1 poco ci si possa fidare in siffatte « coincidenze » e come possano anche essere di altra provenienza. In questo caso si potrebbe dire la stessa cosa di Janko-. La sua « originalità », la sua personalità è offuscata dall’Oblomov del Goncarov. Janko, in miniatura, ricorda Oblomov, ridotto, riformato, uniformato1. La sua mancanza di energia, l’inerzia di quegli esseri indolenti che « sanno volere internamente, mentalmente, ma hanno1 bisogno per agire che una volontà s’aggiunga alla loro », (1) l’indecisione in momenti solenni, il dramma del cuore suo ecc. sembrano derivare direttamente dai tratti più caratteristici della personalità di Oblomov. E quel suo volere e non volere, quell’armeggiare con se stesso-, queH’abbandonarsl a se stesso e impigrire in sogni e fantasie non sono- conformi all’originalità di Oblomov? E il mancato matrimonio? E la frenesia d’amore? Infine quella vaga rota di rivalità che trapela fra Joca e Janko e la loro grande amicizia non fanno forse pensare alle relazioni di Oblomov con Stolz? Ancora una volta (la prima, in Werther) Goncarov riesce a sbugiardare coloro- che credono e fidano troppo nella essenza autobiografica di certi personaggi lazareviciani. L’anima dell’uomo è come il vento- : soffia dove vuole, tu cogli la sua voce, ma non sai donde viene e dove vada. (l) A. Mazon, Un maitre du roman russe Ivan Gontcharov, Parigi, 1914, pag. 131. * g3 *