stato politico e con le condizioni generali della civiltà contemporanea. Il Lazarevic da buon tradizionalista di provincia è contento del suo paese, è attaccato1 fortemente alla sua vita quotidiana. La vera felicità del popolo egli vede in una forma di vita patriarcale (1), r>ella conservazione dei vecchi usi e costumi, nel rispetto delle vecchie autorità, nell'intimità del focolare domestico, in una parola, in quel vecchio e buon tempo che si vide, un po’ idealizzato, riflesso in Marica, nel pope, in Arsen, in Tima, in Vidak, in Janko da fanciullo ed in Tesan. Per principio, contrario a riforme radicali, egli ammette soltanto quei movimenti che partono dal cuore della nazione e che perfezionano il suo organismo* originale, ma non lo estirpano brutalmente. Ogni innovazione deve essere adattata all’ambiente, tenendo conto delle sue vecchie e « gloriose » tradizioni, della mentalità conservativa dei suoi fieri campioni. Se il Nuovo1 viene a cozzare col Vecchio, la sconfitta tocca al primo; l’innovazione che è in contrasto stridente con la tradizione è condannata a fallire. Come si possano mettere in esecuzione certe riforme è dimostrato « praticamente » in « La icona della scuola ». Ma qui è presa di mira una collettività un po’ troppo vasta, e sfugge il vero centro d’attrazione e di irradiazione : la famiglia. Le idee dogmatiche del tradizionalismo e la forza passiva del conservativismo si accentuano sopra tutto nel culto della famiglia. Siffatto culto è uno dei motivi fondamentali di tutta l’opera narrativa del Lazarevic, la nota sua più alta e più forte : non c’è sentimento, non idea che si elevi al di sopra di esso. Di fronte ad esso*, che impernia il problema della felicità sociale e nazionale, tutto deve cadere. 11 despotismo assoluto dell’uomo abbrutito* dal vizio del giuoco capitola dinanzi ai doveri ed alle dolcezze del vero amore coniugale. I capricci (i) Lj. Nedic, op. cit., 46. * 112 *