neri della bionda figlia accanto ai genitore cieco! E. via via. Simili contrasti afferrano gli effetti della luce, del suono, del sentimento, del pensiero', li arroventano incessantemente e li sparpagliano nel corso della narrazione, fosforescenti, risonanti, pungenti. C’è ancora un fattore eminente che si esterna nell’arte del Lazarevic e vi lascia segno della propria essenza : l’umore. Esso è una fine disposizione dello spirito che ha le sue radici nel temperamento dello scrittore e, ancor più in là, nell’ambiente donde egli proviene. Sabac va noto in tutta la Serbia per la spiritosità degli abitanti, per la loro piacevolezza e le facezie loro. (1) Cresciuto ed educato in tale ambiente, il Lazarevic aspira anche le aure lepide e bonarie del suo umorismo e ne trae quel brio», quella grazia che lo rende piacevole e desiderato in ogni compagnia, quella cara giovialità che gli mette lo scherzo sulle labbra anche quando tratta di affari seri, come lo comprova la sua corrispondenza privata. Però dotato di sana intelligenza che penetra sottilmente insino al fondo occulto delle cose e ne distingue le radici dalle fronde, l’apparenza dalla realtà, ed avendo esperimentata la miserabile contraddizione delle cose umane, onde ciò che nella superficie è comico, al fondo può essere tragico e viceversa, egli converte la gaia nota dei suoi paesani in vero e puro umorismo, nel significato esatto della parola. Il suo riso è una maniera velata, orpellata, solitamente comica, di esprimere il vero in tutti i suoi lati, belli e brutti. A seconda dell’argomento, da cui scaturisce, e dello stato d’animo che riflette, esso si svolge per ampia gradazione : or è sorriso melanconico impercettibile ed or è sghignazzata beffarda e diabolica, or si avvicina al genere, burlesco, ed or prende il fare di una comica sguaiataggine. Talvolta è senso di superiorità di chi giudica le cose dall’alto, è tacita prece di compassione per chi forzatamente (il pope in « Icona della scuola '») deve apparire ridicolo, è schermo dei propri dolori, è modo di vendicarsi di antipatie e di torti (« Werther »). (i) Lj. Jo vano vie, op. cit , I, pag. VI. * 138 *