Con « Egli sa tutto » il Lazarevic, realizzando un caso teorico dalla scienza dell’anima, ha dimostrato, come anche altrove, di essere un valente psichiatra, di avere compreso bene il nesso indissolubile che esiste tra la natura fisica e quella psichica. Ma se avesse fatto soltanto ciò, egli sarebbe rimasto benemerito, se mai, nel campo' della scienza, non in quello dell’arte. Invece egli si dimostrò anche artista perchè seppe colorire le sue creazioni di quelle luci che non si ottengono coni calcoli cerebrali, ma si sprigionano con viva spontaneità da un’anima immensamente poetica. E in lui la poesia è l’essenza di ogni creazione, il diapason del cuore e della mente. Gli oggetti dell’arte sua ne portano fragranti e scintillanti le tracce. Se anche appaiono qua e là delle discrepanze in cui predomina il momento intellettuale o si abusa uni po’ troppo dell’effetto teatrale e dell’intento' pedagogico', se anche la sentimentalità insiste un po’ troppo, l’impressione generale resta sempre improntata dalla sovrabbondanza dell’elemento poetico. Così, per venire agli esempi concreti, si dimentica e si perdona facilmente tutta la teatralità finale o le « commedie » di Vidak, quando si pensa che sono state precedute dal quadro magnifico della cavalcata, interrotte dalla vena comica del narratore e coronate d!a scene toccanti e cordiali qual’è questo duetto : « Quando stavamo per sederci a tavola, venne Vuiko dal negozio con « le spese » e col conto. Vidak lo fece sedere a tavola e gli disse che più tardi avrebbero data un’occhiata agli affari. Noi ci mettemmo difìlati a mangiare il pesce e ad « assaggiare » il vino di Pavle. E se ne beveva, e come! Poscia snodammo la lingua ed infine Vucko volle dare a Vidak la resa dei conti e degli affari. Io non capisco affatto il loro discorso (ne è forse causa la borraccia di Pavle), so soltanto che parlano a lungo e che un po’ alla volta vengono a delle parole forti. Ed ecco Vucko — proprio quel Vucko ottuso di una volta — battere col pugno sul tavolo, menzionare certa lana, miele, cotone, parafanghi, coperte e che so io ed infocandosi sempre più, tirar fuori dal suo giubbone una cartina e, battendola con la mano, dire : — E questo non vuol dire niente ? Due più due non fanno quattro ? 1 E’ evidente, sì o no? Vidak strappò con fare irato quella cartina dalle mani di Vuéko e lo guardò fisso negli occhi, poi ad un tratto scoppiò in una risata e l’abbracciò :