Il giuoco, la passione, la compagnia tentatrice, l’orrore delia perdita, la sete febbrile della rivincita, ecco ciò che dominava ed abbrutiva quella forte e sana tempra d’uomo. Accecato ormai dal vizio, egli si lasciava trasportare, non aveva più la volontà di reagire, pur vedendo il male che faceva e che da ciò derivava a lui ed alla sua famiglia. Ma era fatale. La sera appena cenato, la pipa in bocca, la borsa da tabaccò alla cintura, il fes a sghimbescio e via. Veniva quando veniva. Nessuno doveva dirgli niente, addirittura nessuno doveva accorgersi quand’egli entrava in casa. S’adirava persino se trovava acceso il lume (1). Se vinceva al giuoco, veniva a casa di buon umore, a modo suo, s’intende. Con un sorriso impercettibile, che gl’in-crespava la pelle intomo all’occhio sinistro, faceva vedere, senza mostrare espressamente, quanto- aveva guadagnato al giuoco. Ma guai a chi gli avesse rivolta una domanda uri po' imbarazzante! Un suo bieco e insostenibile sguardo lo avrebbe fulminato» (2). Intanto i giorni passavano e l’avvenire si presentava sempre più fosco. E la passione da una parte ed ii rimorso dall’altra compievano l’opera loro. Sua moglie, donna di divine virtù, esempio sublime di abnegazione, non aveva il coraggio nè il « diritto » di reagire, di porre qualche riparo. Ella seguiva con trepidazione ogni mossa di suo marito, in silenzio, col cuore alla gola, gli occhi nfi di lagrime e cor; l’ansia di celare il suo dolore ai figli, lo ed in parte con la figlioletta divideva le proprie pene, nico conforto e speranza le era la preghiera, la fiducia nel-opera giusta di Dio. Talvolta, quando era presa dai brividi ella disperazione, cercava di opporre una misera resistenza d ardiva rivolgere al marito calde parole di preghiera e di avvertimento; ma guai a lei. Egli che in tempi « normali » non tollerava una sola parola di consiglio, ormai era inesorabile e lei ne era terrorizzata. (1) Prvi put s ocem nei jutrenje, ibid., pag. 71-72. (2) Pivi put s ocem na ¡utrenje, ibid., pag. 72-73. * 29 *