fra i primi a tratteggiare l'uomo moderno delle grandi città, l’eroe psicologico in lotta con se stesso, con princìpi e con idee che d’ogni parte fanno irruzione. Se hanno dei momenti, in cui sembrano fermentati da umori romantici o esaltati da spunti ideali, non manca però in loro il mordente veristico, il tratto reale. In complesso hanno tante di quelle bellezze artistiche, tanta di quella abilità compositrice, tanta armonia e tanta simmetria, tanta vivezza di lingua e forbitezza di stile che s’impongono da sè ed emergono facilmente. Ma il Lazarevic, accanto a pregi grandi ed indiscutibili, ha pure le sue manchevolezze. Egli anzitutto ha una scarsa attività produttrice, non riesce ad affermarsi bene in novelle a lungo respiro e facilmente si esaurisce. Si lascia troppo dominare dal sentimento1 a danno delle altre facoltà spirituali, della fantasia in modo speciale. L’atteggiamento che l’uomo ispira all’artista e viceversa non è sempre coerente, chiaro ed oscilla in opache incertezze, in repellenti elasticità. Il suo prediletto personaggio auto-biograficheggiante ostenta, in ultima analisi, l’irrequietezza strana e stranamente insoddisfatta, propria dei tempi mediocri e delle anime modeste di tutti i tempi. Le siue idee morali e sociali, anguste e semplici, rivelano un fervente tradizionalista ed un moralista ideale che con soverchio ottimismo ritrae lo sguardo dall’avvenire e fissa le pupille incantate su di un passato patriarcale, superato e superando. Il suo sistema di lavoro, quei suoi « prestiti » o « passaggi » letterari tradiscono' trepidazioni e preoccupazioni proprie di chi dubita della propria forza fecondatrice. E che il Lazarevic abbia dubitato di se stesso lo prova il fatto che egli si abbandonava talvolta per lungo tempo ad ostinato silenzio e, piuttosto che creare qualche cosa di nuovo, si dava alla lettura di capolavori altrui. Infine anche la sua eccellente cultura letteraria, se da un lato gli affinò il gusto e gli arricchì il corredo artistico’, dall’altro lato sprigionò su di lui una corrente di influssi stranieri, i quali se anche non decisivi, pure smorzarono con adattamenti cerebrali l’irruenza della schietta spontaneità. • 154 *