DEI RE D’ EGITTO agi merosa ambasciata per giustificarsi sulle accuse eh’ egli non avrebbe mancato d’ intentare contro di loro. E però non sortì alcun effetto atteso che le dissensioni che regnavano nel senato non permisero di occuparsi di tale argomento. Per non lasciare però lo scettro tra le mani di una femina, gli Alessandrini fecero venir di Siria Seleuco fratello di Antioco l’Asiatico e parente di Berenice onde avesse a sposarla e divider con essa il trono. Egli era un mostro per la sua sordidezza e per la bassezza delle sue inclinazioni; ciò che gli fece dare secondo Strabone il soprannome di Cibiosatte. Spinse l’avarizia sino ad impadronirsi dell’urna d’oro che racchiudeva le ceneri di Alessandro il grande, sostituendovi un’urna di vetro. La qual’ azione lo rese sì odioso a Berenice, clic pochi giorni dopo lo fece strangolare. Prese poi in isposo Archelao , gran sacerdote di Coniane nel Ponto. 55. Aulete non avea però rinunciato al desiderio di rimontare sul trono. Il proconsole Gabinio, governatore di Siria, dietro le raccomandazioni del gran Pompeo s’incaricò della cura di ristabilirlo, mercè la somma di diecimila talenti da lui promessi. Gabinio, secondato da Marco Antonio suo luogotenente, entrò in Egitto, e riportò sopra Archelao parecchie vittorie, l’ultima delle quali privò quest’ ultimo elei trono e della vita dopo essersi difeso con sommo valore. Aulete avendo quindi riacquistato il suo trono, vi riportò i vizj che ne P aveano fatto balzare. Egli cominciò dal far morire sua figlia Berenice per vendicarsi dell’ardire ch’ella avea avuto di portar la corona mentre eh’ egli si trovava nella sciagura. Per ¡sgravarsi del debito che avea contratto con Gabinio, oppresse con pesanti imposizioni gli Egiziani, e sotto diversi pretesti fece morire i principali del paese, di cui confiscò i beni a suo profitto. Egli versò, giusta l’espressione di Dione Cassio (lib. XXXIX.), il sangue ile’suoi sudditi a larghi fiotti, per riempire i suoi scrigni de’loro tesori. Gli Egiziani soffrirono tali violenze senza mormorarne, essendo tenuti in freno dalla guarnigione romana, cui Gabinio, partendo d’Alessandria, vi avea lasciato. Ma la morte di un gatto, divinità del paese, che fu per inavvertenza ucciso da un soldato romano, segnò il confine della loro pazienza, nè potè venire espiala clic