CANTI ILLIRICI 125 Poi chiama il figliuol Velimiro: Velimiro, mia prole diletta, Prendi, figliuolo, da trecento cavalieri; Vanne giù nell’ampia campagna: Menami quel guerriero. — 130 Velimiro in piedi balzò: Poi prende trecento cavalieri ; Monta un morello ardente, E esce alla porta di città. Circonda Marco dalle quattro bande: 135 Marco siede, bee vin nero. Ma i cavalieri il destriero aocchia, Comincia co’ piedi a pestare in terra; S’accosta al suo padrone. Quando s’avvide Cralievic Marco, 140 Che i cavalieri l’hanno attorniato, Bee Marco un bigonciuolo di vino; Butta il bigonciuolo sull’erba verde: Poi si getta in groppa al destriero. E i cavalieri in lui percossero. 145 Chi avesse potuto guardare Quando percuote ne’ cavalieri Marco Come falco in mezzo a colombe ! Parte ne finisce colla spada temprata, Parte calpesta col cavallo guerriero, 150 Parte affoga nel queto Danubio. (127) Za trista. (140) Il testo dice al: ma; disgiunzione che qui congiunge: come ne’ poeti latini. [Sed anche a’ prosatori talvolta è congiunzione]. (148) Scto. Aliquid. Gli antichi Italiani usavano anch’essi che in senso di parte. [Per es. Boccaccio, Decameron, XIX ; Gio. Villani, Cronica, V, 1 e VII, 4]. (150) Nel testo i tre verbi cominciano dalla particella po : pogubi, pogazi, podavi, che dà al numero regolarità, ed a ciascuno de’ tre verbi efficacia. Tutt’al-tro che disordine è nella poesia popolare davvero.