14 ne’ Greci e ne’ Serbi facoltà d’eleggere vescovi, e subito consacrarli, e avere il pallio *) da Roma poi; nè di Giovanni Vili che nell’879 approvò il rito illirico serbico, tentato poi togliere da Giovanni X invano; nè d’Alessandro II, che nel 1061 scriveva latinorum graecorum sclavorumque unamesse ecclesiam; e nel seguente anno comprendeva nel discorso medesimo: monasteria tam latinorum quam graccorimi sive sclavorum (1). I Serbi battezzati fin dal secolo settimo, e nel nono degnati dell’apostolato di Cirillo e Metodio, lungamente vacillarono tra l’unità e la discordia. Nel decimo secolo, al sinodo nazionale di Spalato assistono i Serbi ancora; e nell’undecimo Michele richiede il pallio a Gregorio VII, ed il vessillo; nel duodecimo al sinodo di Dioclea il vescovo serbico dicesi unito a Roma; nel tredicesimo Volcano dice: dai mandati del pontefice totum regnum nostrum illustratum. Forse più politica che religiosa era ed è, come in Serbia così in Grecia, la lite. E popolo religioso gli è il Serbo. Fin dal secolo XIII Urosio II innalza a Gerosolima, sul Sinai, per omnia Grx-corum Sclavorunque regna et insulas, xenodochia et tempia, tanti templi quanti anni di regno; quarantadue. Tutti quasi i re fecero atti di solenne pietà: dimostranti ch’eglino così credevano conformarsi al sentire della nazione tutta quanta. Le costituzioni politiche di Stefano Dusciano, amante di Cristo, furono stabilite per la grazia dell’Altissimo Iddio il dì dell’Ascensione nel 1349, presenti il patriarca, i metropolitani, i vescovi, Sire Stefano, i conti, i grandi e piccoli governatori. Nel 1815 Milosio nel dì delle Palme commove il popolo alla guerra sacra in un convento, lo rieccita in un altro convento (2). Nelle guerre di Giorgio il Nero *) Ornamento proprio de’ Patriarchi ecc., concesso dai Sovrani Pontefici. Si tesse di lana bianca, con alcune croci nere, che anticamente erano rosse. (Dizionario). (1) Pejacevic. P. 121. (2) Boué, III, 451.