290 CANTI ILLIRICI Stette pensoso; e si rammenta Del suo veltro di Caramania, 170 Ch’egli ama più che il buon destriero; E gridò dalla candida gola. Rimaso era il veltro in istalla: Udì la voce; ratto accorse, Finché nel campo raggiunse il cavallo. 175 Accanto al cavallo il veltro saltella; E l’aurea collana gli risuona: Intenerito parlava il bano seco. Va il bano in sul cavai bianco, E trapassa campagne e monti. 180 Ma quando giunge nel campo di Cossovo, Il bano un po’ impaurì. Nel pensier del Dio vero, Nell’esercito turco mosse il piè. Va il bano pel campo di Cossovo: 185 Va il bano al potente Alì; Ma noi può rinvenire. Smonta il bano all’acqua di Sinnizza; In cosa mirabile intoppò. Scende fino all’acqua di Sinnizza: 190 Un verde padiglione li era, Ampio padiglione che il campo ingombrava: Sul padiglione un pomo in oro; Risplende come ardente sole. Innanzi il padiglione confitta una lancia, (169) Erta: lat. vertagus, onde veltro. (171) A tutta gola. L’epiteto la fa vedere scoperta. (179) Pricece: praeterit. (182) Invocandolo in cuore. (186) Le ripetizioni vengono forse dal cieco cantore, che non rammentava per l’appunto. (188) Nagazio. (191) Pritisnuo: feceva parere stretto. (192) Da’ quattro lati.