DEGLI IMPERATORI ROMANI babile la voce cbe corse dopo la morte di Costanzo, cioè che nel passare il suo cadavere per le gole del monte Tauro ond’essere trasferito a Costantinopoli, si udirono gli angeli a cantare (Orat. 2. in Jul. T. I. p. i56). Nè si obbietti eli’egli ricevette il battesimo in punto di morte dalle mani di Èuzoio vescovo Ariano. Forse lo conosceva egli ancor meno di quello clic Costantino di lui padre non conobbe Eusebio che in simili circostanze gli aitimi* nistrò lo stesso sacramento. D’altronde egli era principe senza genio, debole, incostante, sospettoso, crudele più fier credulità che per carattere; fluttuante mai sempre tra a folla de’ suoi cortigiani che incalzandolo continuamente lo sospingevano in senso contrario ; avido di Iodi senza pensare a meritarle, tenendo la vanità in conto di grandezza , e misurando lo splendore della sua corte dal numero de’ministri senza curarsi della scelta. Nella sua cucina contavasene ben mille, con altrettanti tonsori, più ancora coppieri, senza poter numerarvi gli eunuchi, tanto grande era il loro numero ! I salarii di tutti questi domestici ascendevano a somme immense, ciò che fece dire senza esagerazione, clic più costava il mantenere il palazzo che non gli eserciti. COSTANTE. 337. FL. GIULIO COSTANTE, terzo figlio del gran Costantino, nato l’anno 320, dichiarato Cesare il 25 di- tal cambiamento si recò colla sua armata a sorprendere Vctranione in Sardico. Ma siccome questi era supcriore di forze, egli lo adescò con l’offerta di riconoscerlo per suo collega, e intanto gli riuscì di effeminare i principali uf-fiziali della sua armata. Vctranione si sottomise allora a Costanzo e depose a’ suoi piedi la porpora il i5 dicembre dell’anno stesso 35o a Naisso. Ottenuta grazia dall’imperatore si ritirò a Brusia in Bitiuia, ove visse altri sci anni negli esercii» di pietà.