— XIV — Avrei aggiunto in fondo al volarne la spiegazione dei termini geografici e storici e dei vocaboli e modi più tom-maseiani, se non confidassi che, appena la guerra avrà giustificato confini e toponomastica, e appena le nazioni ora uscenti con tempesta da secolari tempeste sereneranno, e alla conoscenza della loro storia e lingua e letteratura recheranno in copia contributi, sarà di ferma utilità dichiarare quei termini, e spiare i segni dell’ anima slava nella lingua che il Tommaseo foggiò e temprò e affinò per appunto rendere i Canti Illirici, e i Greci : renderli alla lettera, nello spirito, nella radice intima. A rivelare il buono e il bello nascosti nelle radici della lingua di Serbia raffrontate con quelle di Grecia, Francia, Italia, a cercare le vene dell’ inesausto tesoro il Tommaseo diede opera continua, sempre vigile se scorgesse nuove ragioni di fratellanza passata e avvenire, sempre sollecito del Rinnovamento italiano, al quale fu apostolo e censore, e dell’unione delle lacere membra nell’altra Penisola, per la quale scriveva nel 1855 : « Istinto e della nazione slava e della greca è l’avere una vita da sè. Unirle (e questo dico dell’avvenire anche lontano) unirle di forza sotto un solo governo, sarebbe non un fonderle ma un confonderle, o peggio, un soggiogare l’una all’altra, e alla soprastante preparare assai più pericoli che alla soggiacente. Trovandosi nel giro e del paese slavo e del greco genti d’altra stirpe e d’altro rito e d’altri costumi, bisogna unificare i popoli quali sono senza reciderne o comprimerne veruna parte; e lasciando quanta più libertà sia possibile al municipio, alla provincia, a ogni chiesa, a ogni ceto; dalla più grande varietà far che nasca una più grande armonia ». Fatto che sembrerà casuale e che a me incuora speranza, l’apparire, in questi giorni branditi da gagliarda politica, un'altra collezione mirante a portare nella cultura