— XII — e nello stile ond’egli ricreò di forme interiormente sentite con la sostanza del testo (lo ispirava la lucida coscienza di stringere i popoli, all’alito del libero sole, in vincolo di bellezza unanime e d’intellettuale fraternità) l’epopea illirica in una prosa, alla cui giustificazione è dedicata una bene accorta analisi nelle Scintille scritte a principio in illirico, e le cui leggi meglio si studieranno allorché si pubblichi, e sia presto, l’opera inedita 11 numero considerato ne’ versi e nella prosa, singolarmente de’ Greci, de’ Latini, degli Ebrei degl’illirici, degl’Italiani. Dopo il Mattei di Ragusa, che nel secolo XVII raccoglieva due canti del ciclo di Kossovo, dopo Vuk Stefanovic Karctdzic’, che dal 1814 al 1833 ne pubblicava quattro volumi, in specie dopo l’impulso per più sensi impresso dal Goethe e dallo Steinthal, a lunga schiera di studiosi vuol essere collegato il Tommaseo, da vederli principalmente nel-/’Archiv fùr Slavische Philologie; nè lunga meno è quella dei traduttori: nè soltanto stranieri; chè nella storia delle traduzioni in Italia, la quale è augurabile sia scritta a oppugnare il pregiudizio che ci tassa incuriosi di tale scuola letteraria, figureranno traduttori dall’illirico, di vari propositi bensì e meriti, ma oscuri solamente per manco di lettori, da Francesco Domenico Guerrazzi a Francesco Dal-l’Ongaro da Leone Fortis a Giacomo Chiudina da Emilio Teza, il quale presso a morte giovò di animosi e dotti consigli questo inizio di ristampa completa del Tommaseo, a Giovanni Pascoli, nella cui antologia Sul limitare la spada di lyraljevic’ Marko è additata già mezza fuori del fodero, e vicina a svegliare, cadendo, l’Eroe.