CANTI ILLIRICI 371 Strillando sul cavallo si chinar Ahi prode della verde montagna, Vivo, o fratello, Iddio ti perda, 145 Ti secchi la destra mano Da cui la freccia hai lanciata! E il destr’occhio ti sbalzi Con cui, misero, mi mirasti! E del tuo fratello a te desiderio sia, 150 Come a me del fratello mio, Ch’è quel che qui, infelice, mi trasse, In ruina del capo mio! — Quand’ebbe Carissimo le parole intese, Di dietro all’abete il domanda: 155 Chi se’ tu, giovane, e di che sangue sei? — Il ferito Desiderio gli risponde: A che mai mi domandi tu del mio sangue? De’ miei, moglie non avrai tu. Io sono il prode giovane Desiderio: 160 Ho una vecchia madre soletta, (142) Nel primo vrisnu ; nel secondo vristeci che dice grido più acuto col suono. (142) Se povija. Cade come aggomitolato. (147) Iskofilo, exsiliat. (148) Namutrio. Inspectasti, intuitus es. (151) L’italiano a chiarezza richiede: che è quel che. Ma l’illirico scio, come il quod latino, è chiaro da sè. Del resto anche Dante e nel verso: Che è quel, dolce padre, a che non posso? [Purg. XV, 25J. Ma quest’è quel che a cerner mi par forte. (Parad. XXI, 76J. Perch* ella è quella che il nodo disgroppa. [Purg. IX, 126]. (154) Ove s’era appiattato a tirare. (154) Zapituje, ex peto. (155) Jtinak vale vir: ora uomo in genere, ora uomo valente. (157) More. Particella d’esclamazione che acquista senso dall’intero discorso. Qui non è nè rimprovero nè incitamento. Forse viene da moxesc, moresc. Come ai latini sodes, si audes, venne a significare su via. (158) Profonda parola, che inchiude tutti i dolori dei due miseri, e della madre miserissima. Ma il testo dice : di me non ti mariterai; eh’ è ancor più potente. (160) Samorama. Che sola mantiene sè stessa. Quante cose in quest’unica voce! Ella che li ha mantenuti Nella conocchia e nella destra mano; •deve nella vecchiaia ultima faticare al vitto suo proprio. La voce sam, solo, con parecchie altre voci l’accoppia l’illirico, e riesce un potente composto.