220 CANTI ILLIRICI Io son desso Craglievic Marco. — Quand’ode ciò la bella fanciulla, Attaccasi di Marco al collo: 200 Fratello in Dio, Craglievic Marco, Non mi dare all’Arabo nero. — Dice a lei Craglievic Marco: Finché mi resta e regge il capo, Non ti dò all’Arabo nero. 205 Non dire ad altri di me; Ma di’ al sultano e alla sultana, Che qualcosa per cena t’apparecchino; Ma che vino non mi risparmino; Mei mandino alla nuova osteria. 210 Quando l’Arabo col corteo viene, Lui bellamente accolgano, E ti dieno all’Arabo: In casa non attacchino lite: E io so dov’ho a torti, 215 Se Iddio concede e la fortuna de’ prodi. — (Oli mandano la cena signorile e del vino di molto. L’ostiere vuol chiudere di buon’ora, per paura dell’Arabo eh’ ha a venire la sera. Marco gliel vieta, vuol vedere il corteo). (197) Qlavom di persona. E persona in origine era la maschera che copriva 31 capo. La maschera diventata l’uomo! Cose che seguono. (203) Lett. Finch1 è a me, e su me, il capo. (207) Dice ti. Bere per me gli è come per te. (208) Ornale. Non mi tengano basso a vino. (215) Verso che ricorre solenne ne’ canti, e dice l’indole del popolo: fede in Dio e nel proprio valore; fede non fiacca, valore non vano. Provvidenza, ventura buona, e prodezza; idee che, unite, dimostrano quanto la Serbia si fosse tenuta lontana dalle credenze de’ Turchi padroni.