D’ALESSANDRO IL GRANDE Frigia, e giunge finalmente alle sponde del liumc Grani-co, ove lo attendeva l’annata persiana- comandata da Meninone di Rodi, generale il più abile che avesse allora la Persia. Il divisamento di questo non era già d’impegnar battaglia col re Macedone, ma di mettere a rovina il terreno che dovea trovarsi sulla strada onde obbligarlo a retrocedere. Il satrapo o governatore di Frigia avendogli in ciò contraddetto con quel tuono di autorità che gli inspiravano il suo posto e la superiorità della stia armata composta di centomila uomini a piedi, e diecimila cavalieri, fu d’uopo venire a battaglia. Allora, senza punto esitare Alessandro entrato nel fiume alla testa della sua armata, s’avanza contro il nemico accampato sull’altra sponda, dà la carica alla sua cavalleria, taglia l’infanteria a pezzi, e volge in fuga quanto scappa alla strage. Poco ci volle clic in questo combattimento l’eroe non restasse vittima del suo valore. Un soldato persiano stava per fendergli il capo con un colpo di azza, quando Clito fratello della nutrice di Alessandro, gli troncò il braccio; servigio che come vedrassi tra poco fu assai male in seguito rimeritato. Questa vittoria trasse seco l’assoggettamento delle città marittime dell’ Asia minore. Per porre i suoi soldati alla necessità di vivere o di morire, l’eroe macedone manda indietro una parte della sua flotta; continua la sua marcia vittoriosa, e giunge rapidamente senza trovar inciampo sino in Cilicia, ove s’impadronisce di Tarso. Pervenuto di là tutto grondante di sudore alle sponde del Cidno, le cui acque erano fredde estremamente, gli prende talento di bagnarvisi dentro, e ne vien tratto fuori in capo ad alcuni minuti colto da sì violento brivido , che fu creduto vicino a morire. Mentre Filippo suo medico gli apparecchia una bevanda onde guarirlo, egli riceve lettera di Parmenione, la quale lo avverte che Filippo lasciatosi corrompere dalle promesse del re di Persia, è incaricato di avvelenarlo. In quel punto gli si reca la tazza e mentre Alessandro la impugna per trangugiarla consegna a Filippo la lettera di Parmenione. Filippo la legge con indegnazione mentre il principe tiene in lui fissi gli occhi, e se ne ricrede pienamente dal felice e pronto cfletto del rimedio. Intanto il re di Persia entrava con