VUCASSINO E MARCO CRAGLIEVIC. In Marco Cralievic è ritratta intera la gente illirica co’ suoi pregi e i difetti : valore tra selvaggio e gentile, giovialità franca e fiera, intemperanza del bere, temperanza dalle bestiali voluttà, religione pia in Dio e nella famiglia ; probità coraggiosa, illibata. In questo canto, Marco giovanetto è chiamato ad aggiudicare il regno di Serbia; e l’aggiudica non al padre proprio, ch’è come dire a sè stesso, ma a quello che è da lui reputato legittimo erede. Semplice narrazione e posata, ma piena di nobile vita. La violenza de’ messi dice la violenza di chi gl’inviava. Il prete interrogato, con tranquilla fermezza vuol prima dar fine al sacrifizio, poi risponde schermendosi. Ma quel dire: « io « delle cose dell’impero non ho mossa parola al sire mo-« rente nel confessarlo », è cenno prezioso, e storico documento. Il prete li manda a Marco : e la madre di Marco, la degna sorella di Moncilo, gli raccomanda dire a qual-sisia costo il vero, di perdere piuttosto la vita che l’anima. Questa è vera epopea. Le moine de’ re rivali, le semplici e liete accoglienze che fa al suo compare il giovanetto e-rede della corona, e quel titolo di compare posto sopra i titoli di padre e di zio; la risposta severa di Marco, oracolo vero ; e il suo fuggire quasi pauroso dinanzi alla spada del padre; e la voce che s’ode dalla chiesa; e l’aprirsi e il chiudersi delle porte; e il sangue che gocciola dal legno ferito; e le maledizioni e le benedizioni in cui si comprende la vita di Marco, stanno tra l’epopea e il dramma, tra il vero e il mirabile, in quella regione dove a sola la poesia delle intere nazioni è lecito spaziare.