DEI RE DI NUMID1A 5i7 sero sul campo di battaglia. Cesare e gli aderenti di esso dichiarano il re di Numidia nemico della repubblica, ed aggiudicano la sovranità de’ suoi stati a Rocco, ed a Bo-gud. Juba, unite le sue forze a quelle di Scipione, riduce Cesare a gravi estremità. Se non che ricevuto da questo considerevole soccorso, egli trionfò alla fine di Juba, di Scipione, e di Labieno presso la città di Tapso. Juba si salva in Numidia con Petreio, e per morire coll’ armi alla mano essi si battono in duello. Petreio vi peri e Juba dar si fece morte da uno de’suoi. (Cesare) Questa vittoria rese Cesare padrone di tutta la Numidia che fu ridotta in provincia romana, e di cui lo storico Sallustio fu il primo governatore. Juba II, figlio di Juba I, era ancora fanciullo alla morte di suo padre. Preso dai Romani servì di ornamento al trionfo di Cesare. Augusto ebbe cura di farlo allevare a Roma, ove si rese celebre pe’suoi letterarii talenti : e gli fece sposar Cleopatra la giovine, figlia di Antonio e di Cleopatra , regina d’ Egitto , dandogli le due Mauritanie colla Getulia. Juba governò i suoi stati con grande saggezza, che lo rese caro ai suoi sudditi. Non è accennato l anno di sua morte. Il suo regno passò a suo figlio Tolommeo (Fedi Mauritania). Tacfarina di nazione Numida, dopo aver servito nelle armate romane, s’eresse a capo di partito sotto il regno di Tiberio. Una sedizione da lui eccitata (17 dopo G. C. ) fu spenta da Furio Camillo, proconsole d’Africa, ed egli rimase in un involontario riposo che s’opponeva al suo carattere. Formatasi in Numidia una torma di vagabondi, e di sediziosi, egli si mise alla loro testa, e fece seco loro delle scorrerie che gli riuscirono vantaggiose. Assediato da lui un castello, ove Decio comandava pei Romani, egli disfece la guarnigione ch’avea fatto una sortita per battersi in aperta campagna. Decio, senza essere scoraggiato da questa perdita, ritornò più volte alla carica e perdette un occhio in uno degli attacchi che diede. Essendo stato ucciso in un ultimo, i suoi soldati anzi che pensare a vendicar la sua morte, presero vilmente la fuga : delitto di cui Apronio, successore di Decio ( 30 dopo Q. C.) li punì facendoli decimare. Questo castigo lece un tale effetto sulle truppe del