CANTI ILLIRICI 325 Ma guarda verso la porta di città, Giusuf agà dove il solito stassi, 120 E co’ guerrieri il torrione guarda Della sanguinosa città di Zabiaca. Ha ben che vedere l’ancella! Entrarono dodici prodi Del valoroso serbico Montenero, 125 Occuparono e la batteria e la cortina, Giusuf agà preser vivo, Legandogli dietro le mani. Quando la giovane questo con gli occhi vide, Gettò l’argentea brocca, 130 E corre nell’aremme alla donna. A ciò s’è corrucciata la donna: Che c’è egli, cagna? Ti freddasse una serpe! Di che ti sei così impaurita? E l’alba aperse già il dì. — 135 Ma a lei parla la giovane ancella: Oh Signora, donna di Giacupo, Ho donde impaurire. Volarono dodici aquile Del sanguinoso possente Montenero — 140 Sgrida la donna, e riprende l’ancella, Non senta il giovane Giacupo, Finch’ella non vede s’egli è vero. Poi apre la vetrata finestra : Vede la donna; non è inganno, (118) Put kapie. Alla volta di. (121) Di sangue nemico e suo. — Possente aggiunto. (146) Schiava la chiama qui per rammentare ch'ella poteva conoscere i nemici •del nome turco, e additarli alla donna. Il pericolo rinfresca gli odii in lei ; onde jiell’atto del domandare, ella strapazza la misera.