210 CANTI ILLIRICI Lascia il ballo, Calogero padre! Or ora cade da’ fondamenti la torre. — 160 A ciò Marco orecchio non dà; Ma l’acuta spada trasse, E a Nino il capo recise. Allor Marco impeto fece: Quanti maschi o femmine erano, 165 Tutti Marco sotto la spada cacciò. Poi di Nino afferra la donna, E la mette sul cavai suo pezzato. La donna propria Marco prese, E la toglie sotto il braccio destro, 170 L’acuta spada nella man manca: Per la città impeto fece. (Uccide: prende le chiavi della città: dona a Belilo la donna di Nino: va a Costantinopoli. 11 Sultano gli domanda se stracco). Come non essere stanco Sire, A pigliare di Costura le chiavi? — E le chiavi gli getta sul ginocchio. 175 Allor dice l’ottomanico Sire: Vuo’ tu, Marco, di Bossina il visirato? O signoria qual ti piace? — Risponde Craglievic Marco: Non vo’, Sire, signoria nessuna; 180 Ma solo potere ber vino. — Quando il Sire ebbe inteso Marco, E’ prende un cento ducati, (165) Più poetico che passare a fil di spada. (174) Bazati, come il greco pàXXo) e il nostro mettere, da buttare o mandare di forza, venne a prendere senso più agiato. Ma qui ritiene un po’ del senso suo primo.