CANTI ILLIRICI Gettarono legni e pietre, La murarono fino al ginnoeehio. Ancor ride la delicata sposa; 60 Ancora spera che celia le facciano. Gettarono i trecento maestri Gettarono legni e pietre, Murarono infino alla cintura. Allora la serrarono i legni e le pietre: 65 Allor vede quel che, infelice, l’aspetta. Forte strilla come aizzata serpe, E prega i due cari cognati: Non mi lasciate (se sapete d’iddio) Murare ancor giovane e fresca. — 70 Questo prega; ma non le giova: Che i cognati in lei nemmen guardano. Allora depone il ritegno e il rossore, E prega il signor suo: Non lasciare, signor buono, 75 Che me giovane murino nella rocca. Ma tu manda dalla mia vecchia madre (Mia madre ha assai tesoro) Che ti comperi schiavo o schiava; E murate alla rocca nel fondo. — 80 Ella prega, ma non le vale. E quando vede la delicata sposa, Che a lei più preghiera non vale, Allor prega a Rado architetto: (66) Strillo come fischio. (67) Zamoli, deprecatur. (68) Lett. si Deum scitis. Dante : Che nè occaso mai seppe nè orto. [Purg. XXX, 2]. (69) Lett. verde. Virg. viridis senectus. [Aen. VI, 304J. (70) Se moli: analogo al deponente precatur. (73) Del pregare per la vita, del pregare un marito. (79) Non muratela, ma assoluto. Quanto più bello !