CANTI ILLIRICI 287 Al genero Strainic favella: O mio genero, Iddio sia teco: 90 Perchè stamane sì di buon’ora, E forte mesto nel viso? Di che ti se’ tu, genero mio, turbato? Con chi ti se’ tu corrucciato, genero mio? O i cognati di te si risero? 95 Nel discorso dissero male parole? O delle cognate i parenti a te non servirono? Di’, genero mio, ch’è egli, e come? — Scuotesi il bano, poi gli favella: Lasciami, suocero mio, vecchio Bogdano. 100 Io co’ cognati la passo bene; E delle cognate i parenti, signori gentili; Egregio parlano, ed egregio mi servono. Dalla tua casa, suocero, alla mia non ci corre. Ma sapessi perchè son dolente! 105 Giunge lettera dalla piccola Bagna, Proprio dalla mia vecchia madre. — Dice i suoi guai al suocero sul mattino, Come gli sien le case saccheggiate, Come gli sien i servi dispersi, 110 Come gli è la madre insultata, Come gli è predata la moglie. O suocero mio, vecchio Bogdano, E s’oggidì ell’e moglie mia, Moglie mia; ell’è pur tua figliuola: 115 Vergogna è a me ed a te. O suocero mio, vecchio Bogdano, (89) Il testo: Iddio mi sia teco. Più affettuoso. (95) Ruxno, vale e brutto e male: come xaXó;, bello e buono. (98) Anco qui dice piatili, arde: d’affetto riconoscente. O: sfavilla in viso. (101) Gospodkhe gospoje. Signorili signori. (107) Subito appena interrogato. (116) Vecchio, così solo, nell’uso nostro non suona così riverente, come dovrebbe.